BIOGRAFIA AUTORE: Mi chiamo Giorgiana Moruzzi e sono nata a Roma il 28 Settembre del 1980. Mi sono laureata in Comunicazione nel 2006 e poi dopo aver viaggiato un po’ in giro per il mondo ho iniziato, quasi per caso ad insegnare. In funzione di questo nel 2014 ho conseguito la seconda laurea in Scienze dell’educazione. Attualmente insegno in una classe terza elementare. Ho sempre coltivato una passione per la lettura di fiabe, storie e filastrocche e da sempre scrivo favole, poesie e brevi racconti. Questa è la mia prima pubblicazione e sono onorata che in qualche maniera contribuira’ a far conoscere il meraviglioso lavoro dell’associazione Faggio Vallombrosano Onlus.
Ci sono storie che iniziano in un paese lontano lontano e tanto tanto tempo fa. Iniziano in un bel regno che odora di confetto e brilla di lustrini. Ci sono di solito maghi, draghi e streghe e magari strada facendo qualche folletto dispettoso. Questa storia inizia in un posto lontano rispetto a dove siamo noi, ma non tanto tempo fa. In un luogo fatto di mille colori, mille profumi e mille meravigliose assurdità: l’India.
Ci troviamo nel cuore del Rajastan, a Jaipur. Vicino alla stazione rumorosa e polverosa, dove ogni giorno decine di autobus caricavano e scaricavano turisti, donne colorate, pecore, capre, uomini barbuti e persone cariche di ogni sorta di fagotto, c’era una piccola via, nascosta da una grande insegna di un ristorante. Celata oltre il trambusto della strada principale, questa via senza nome e senza asfalto era sempre in penombra. L’acqua, accumulata nei giorni precedenti a causa dei monsoni, stagnava in pozzanghere fangose. La stradina era piccola, ma pulsante di vita. Tutt’intorno, le donne chiacchieravano tessendo sedute su ceste di vimini e vecchi mattoni; i bambini correvano scalzi tra i resti di un vecchio motorino arrugginito, gli uomini passavano con i loro carretti ricolmi di spezie variopinte , gli anziani rompevano le pietre per farne sabbia da usare per costruire, i maiali grufolavano tranquilli tra le macerie di un cumulo di rifiuti ed i cani, un po’ malandati, dormivano o si azzuffano. Ad un tratto passò correndo un bimbetto sugli otto anni con i capelli neri come la pece. I cani smisero di azzuffarsi, alcune donne lo ammonirono e gli altri bambini presero ad inseguirlo curiosi. Correva e stringeva in mano un quadernetto tutto sgualcito. Passò sotto un carretto urtando dei contenitori di spezie variopinte che gli imbrattarono la canottiera logora. Anche la terra divenne un arcobaleno ed i bimbi gioirono festosi passando. Un uomo uscì da una piccola porta di lamiera agitando le braccia furiosamente a causa del disastro. Il bimbetto non si curò di nulla e continuò a correre fino all’angolo dove la stradina incrociava due vicoli più piccoli. Prese fiato un attimo e fece per entrare dentro una piccola apertura senza porta. Qualcuno però si parò davanti a lui bloccando la sfrenata corsa.
– “Si può sapere Prakash che cosa stai facendo?
– “Mamma guarda ho trovato un oggetto prezioso!” rispose il piccolo trafelato continuando ad agitare festoso il libretto tra le mani.
– “Hai anticipato la festa dei colori quest’anno? Dove hai preso quel quaderno? “
– “Mamma una ragazza con i capelli strani lo ha perso salendo su un motoriscio’ ed io l’ho raccolto! “
– “E perché non gliel’hai restituito? “
– “Beh non ho il motore ai piedi! Lei è salita sul motorisciò ed è andata via. Ho gridato, ma non mi ha sentito. “ rispose Prakhash mostrano i piedi nudi infangati.
– “Dai entra! Prakhash dovresti smettere con queste avventure assurde. E dovresti restituire quel quaderno. “
– “Un giorno racconterò le mie storie a tutto il mondo mamma.“ rispose Prakhash, poi superò la madre ed entrò. Attraversò il corridoio buio e si andò a rannicchiare vicino alla nonna e alle zie che sedute in circolo nella stanza in fondo bevevano del Masala Chai the. Nascosto da uno dei veli dell’abito della zia più giovane, Prakhash aprì il quaderno. La stanza era in penombra e si riusciva a vedere poco. Sulle pagine riuscì comunque a scorgere tantissimi segni in nero e molti disegni intrecciati. Sfiorò la carta e questa gracchiò. Prakhash spaventato chiuse il quadernetto immediatamente. Non poteva credere alle sue orecchie. Possibile che quell’oggetto avesse parlato?
– “Prakhash? Dove ti sei nascosto? “
La voce della mamma che entrava nella stanza e la attraversava a grandi passi gli giunse alle orecchie facendolo quasi rimpicciolire. Sgattaiolò sotto al letto e con il suo tesoro ben stretto passò praticamente sotto le gonne della madre e si precipitò di nuovo in strada. Attraverso la piccola via ed entrò in una porticina sbilenca. Oltre il minuscolo uscio la vista era rischiarata solamente da piccole aperture quadrate che lasciavano filtrare una timida luce. Prakhash quasi senza fiato camminò velocemente lungo il corridoio e dopo aver superato un cortiletto, dove un anziano sonnecchiava su una sedia ed un paio di mucche pascolavano in un’aiuola, uscì di nuovo nella strada principale. Come un fantasma si fece largo tra i venditori ambulanti e tra le bancarelle di spezie ed entrò in una casetta tutta storta schiacciata tra due grandi palazzoni.
– “Hari? Ci sei? “ chiamò appena varcata la soglia. Non sentendo risposa continuò ad inoltrarsi nell’abitazione. Salì le scale e sul terrazzo trovò il suo amico piegato su dei libri che, con la lingua di fuori, si sforzava di riprodurre dei segni su un foglio. Sillabava e, con grande fatica, tracciava un segno dopo l’altro.
– “Hari guarda cosa ho trovato? “
Il bambino alzò lo sguardo dal suo lavoro e lo posò prima sul suo amico e poi sul quadernetto sgualcito.
– “Cos’è? “
– “Un quaderno magico. “
– “Cosa dici? “
– “Si, parla! “
– “Sciocchezze! E poi scusa, ma dove lo hai preso? “
Prakhash si mise seduto e, mentre raccontava la storia, aprì il quaderno pieno di segni strani e disegni.
– “Lo devi restituire Prakhash! Per qualcuno potrebbe essere prezioso. Cosa c’è scritto? “
– “Sei tu che sai leggere! Io non vado a scuola! Sono venuto qui per questo. Puoi aiutarmi per favore? “ chiese con tono implorante Prakhash.
– “Dai qua! “ rispose Hari prendendo il quaderno. Fissò lo sguardo su un rigo e iniziò a leggere sillabando alcune parole. Erano poche frasi scritte in indiano fra molte scritte in un’altra lingua sconosciuta.
“Il mio viaggio prosegue tra mille profumi e mille scoperte colme di magia.”
– “Prakhash questo sembra un racconto di viaggio! E’ certamente molto prezioso. Dobbiamo restituirlo!! “
Prakhash si alzò in piedi infilandosi le mani nei capelli nero corvino e quasi piangendo disse:
– “E come facciamo? Io non so dov’è la ragazza dai capelli strani! “
– “Beh il diario può dircelo! “
Esclamò Hari allargando le braccia. Prakhash sfilò il libretto dalle mani dell’amico lo aprì e urlò alle pagine:
– “Dimmi dov’è chi ha scritto queste cose quaderno! “
Nessuna risposta. Prakhash perse di nuovo la pazienza e urlò nuovamente al quaderno senza ottenere alcuna risposta. Irritato lo lasciò cadere a terra.
– “Devi chiedere per favore! “rispose una voce dolce proveniente da un luogo misterioso.
Prakhash spaventato fece un paio di passi indietro. Anche Hari era spaventato. I due bambini si scambiarono uno sguardo atterrito. Quel quaderno aveva parlato davvero! Passarono diversi minuti, poi i bambini con aria circospetta si avvicinarono e si accucciarono accanto al quaderno osservandolo attentamente. Un oggetto rettangolare con una copertina sgualcita completamente piena di scritte. Le pagine erano gonfie di parole ed il loro volume sembrava lievitato sotto la spinta di tanti racconti. Ogni tanto un foglietto faceva capolino lasciando intravedere un particolare. Non sembrava minaccioso, eppure i due bambini rimanevano immobili. Timorosi, ma al contempo curiosi. Alla fine la curiosità ebbe la meglio e Hari lo aprì di nuovo. La voce si fece sentire ancora:
– “Beh che succede? Non mordo! “ disse.
I due bambini si guardarono sgranando gli occhi. Ora erano meravigliati. Il loro mondo era pregno di magia, ma non avevano mai visto veramente qualcosa di fatato prima. Non riuscivano a parlare, ma dopo aver deglutito Prakhash si fece coraggio e chiese:
– “Chi sei? “
– “Come chi sono? Sono il quaderno. Lucia, la ragazza che mi ha decorato con tanto amore mi ha creato. Per lei sono davvero prezioso, perciò avendo sentito che volete trovarla ho deciso di aiutarvi. “
– “Come? La ragazza dai capelli strani è sparita in mezzo alla folla su un motorisciò e sarebbe impossibile ritrovarla. “
– “Impossibile è solo una parola fastidiosamente brutta!“
I due bambini a quella affermazioni si guardarono arricciando il naso.
– “Io posso aiutarvi. “
Proseguì la voce riempiendo il silenzio.
– “Come? Sei solo un quaderno!“
– “Vero… però sono un quaderno magico. “
– “Dove troviamo la ragazza dai capelli strani? “
– “Non è così semplice. Dovete scrivere la domanda qui, su queste pagine! “
Prakhash si prese i capelli tra le mani e digrignando i denti per la rabbia sbiascicò:
– “Io non so scrivere! Non vado a scuola! “
– “Può farlo il tuo amico! Provate! “
– “Io non scrivere in inglese. Non lo sto ancora studiando a scuola! Scrivo un pochino solo in indiano. “disse Hari preoccupato.
Il quaderno rispose teneramente:
– “I libri ed i quaderni parlano tutte le lingue del mondo! “
I due bambini si guardarono rimanendo immobili per qualche istante, poi Hari fece spallucce e afferrò una penna. Aprì dove c’era una pagina vuota e faticosamente formulò la domanda.
“ Dove si trova la ragazza dai capelli strani?”
Subito delle parole iniziarono a comparire magicamente impresse sulla carta.
“ Non ha i capelli strani! Si chiama Lucia e porta i capelli legati in treccine colorate.” rispose il quaderno.
Irritato dalla risposta burlona e beffarda del quaderno Hari riformulò la domanda.
“Puoi dirci per favore dove si trova Lucia?”
“Lucia si trova ancora a Jaipur!”
Prakhash guardò l’amico e disperato disse che sarebbe stato impossibile trovarla in una città così grande.
– “Impossibile è una parola fastidiosamente antipatica. “proferì recitando il quaderno.
– “Ma sei fissato tu! E che ne sai? Sei solo un quaderno! “
– “Sì vero, ma sono un quaderno che ha viaggiato… e questo può considerarsi impossibile! Dovete porre la domanda giusta! “
Hari nel frattempo aveva ripreso a scrivere.
“Dove deve andare nei prossimi giorni Lucia?”
“Tiger Fort”
“Quando?”
Scrisse Hari il più velocemente possibile. Subito le lettere iniziarono a comparire una dopo l’altra.
“Oggi”
I due bambini si guardarono sgranando gli occhi. Si alzarono contemporaneamente.
– “Possiamo ancora restituirlo, ma dobbiamo sbrigarci. Hari, mio padre guida un motorisciò. Andiamo! “disse Prakhash afferrando il quadernetto e l’amico per la mano.
Iniziarono a correre fuori dalla casetta sbilenca, in mezzo alle bancarelle, oltre la via principale e direttamente nella stazione rumorosa.
– “Mio padre deve essere qui! “ disse Prakhash scrutando affannosamente in giro fra la folla, gli autobus, i motorini, i mendicanti, le pozzanghere, le mucche ed i cani.
– “Dai Prakhash non lo troveremo mai! E’ impossibile!“ piagnucolò Hari strattonando l’amico.
– “Zitto! Non vorrai farti sentire dal quaderno! Impossibile è una parola fastidiosamente antipatica. “ recitò Prakhash facendo un po’ il verso.
Tappò la bocca all’amico e continuò a guardare in giro. Dopo un po’ una voce conosciuta giunse alle loro orecchie. Era un cugino grande di Prakhash che faceva il procacciatore di clienti per un hotel. Ai due bimbi s’illuminò lo sguardo e si avvicinarono.
– “Ciao Aalok , hai visto mio padre? “
– “Cosa fai qui? Torna a casa Prakhash o farai morire tua madre di crepacuore!! “
– “Mi ha mandato lei! Aalok per favore sai dov’è mio padre? “
– “So che doveva portare dei turisti al Tiger Fort! “ rispose Aalok.
Non persero un minuto e subito Hari prese la parola parlando talmente veloce che quasi le parole si confusero una sull’altra!
– “C’è qualcuno che deve andarci? “
– “Beh chiedete. Io devo già trovare clienti all’hotel, non posso pensare anche a voi mocciosetti! “rispose Aalok tirando le orecchie al cuginetto.
I due bambini rincuorati dalle belle notizie iniziarono a chiedere a tutti i guidatori un aiuto. Erano le prime ore del pomeriggio ed erano certi di poter trovare un passaggio in quella direzione. Cercarono senza sosta, finchè un uomo col turbante gli fece segno con la testa di salire. Sul veicolo c’erano già 5 persone appollaiate e strizzate come sardine.
– “Non abbiamo soldi! “ dissero in coro i bambini mostrando i palmi delle mani sporche e vuote.
– “Lo so! Però sembra molto importante per voi arrivare al Tiger Fort. Approfitterò per andarci così da caricare qualche cliente che rientra per la sera. Salite! “
Senza farselo ripetere due volte Hari e Prakhash salirono a bordo felici come non mai. Si compressero tra le membra dei presenti come un domino ben assemblato e si lasciarono trasportare tra le vie trafficate della città, oltre le mura e su in cima fino alla collina sopra la quale troneggiava il meraviglioso palazzo.
Quando arrivarono scesero dal mezzo, ringraziarono l’uomo col turbante e Prakhash si fermò subito fuori il grande cancello. Scrutava pensieroso il sentiero tortuoso che serpeggiava fino al portone. Aveva sempre creduto che quel palazzo celasse qualcosa di magico e misterioso. Le innumerevoli sale colorate le une dentro le altre; le decine di porte intarsiate, che si aprivano una dopo l’altra lasciando immaginare un mondo piccolo piccolo oltre le soglie; le centinaia di finestre che si affacciavano su giardinetti nascosti o terrazze assolate; i corridoi talmente lunghi che si rischiava di rimpicciolire attraversandoli. In quel luogo così surreale era possibile perdersi.
– “Hari dobbiamo stare attenti! Potremmo perderci. “
– “Ma cosa dici Prakhash! Non essere sciocco, dai andiamo sbrighiamoci! “
– “No! Io penso che dovremmo attendere qui. Se Lucia è già entrata allora dovrà uscire da qui. Se invece deve ancora arrivare allora dovrà passare da qui. Inoltre sai benissimo che non ci farebbero mai entrare. “ disse Prakhash indicando i suoi abiti logori ed i loro piedi scalzi e luridi.
Hari non pote’ far altro che sbuffare e lasciarsi cadere esausto su un gradino. Alzò gli occhi al cielo e bofonchiando a mezza bocca domandò irritato:
– “Ed ora quindi che faremo? “
– “Aspettiamo! … aspettiamo Hari! “ rispose Prakhash sicuro di sé .
Dopo di che come un soldatino ben addestrato e certo della missione incrociò le braccia e si mise seduto vicino al suo amico. Appoggiò la testa al muro e si perse osservando i giochi delle nuvole in cielo. Un cielo a dir poco strano per una
giornata così assolata. Nuvole celesti e cielo tra il blu intenso ed il verde. Il bimbo però si lasciò semplicemente trasportare senza porsi troppe domande su quella stranezza. Dopo aver scoperto che i quaderni ed i libri sono magici nulla poteva più stupirlo. Passarono minuti che si trasformarono in ore. Ad un tratto il rombo di una moto senza marmitta giunse alle loro orecchie e li fece sobbalzare.
– “Hari ci siamo addormentati! Che pasticcio! Potremmo aver perso il passaggio di Lucia! “ esclamò preoccupato Prakhash mentre si alzava in piedi agitando le braccia. Improvvisamente si bloccò e incrociò lo sguardo di Hari che con aria stanca chiese:
– “ Come faremo? “
Poi iniziò a sentirsi un rumore cupo e ripetuto.
TOC TOC TOC TOC TOC TOC TOC TOC
I due bimbi si guardarono intorno cercando di trovare la fonte di tanta confusione. Nulla. Si rimisero seduti sconfortati, ma subito udirono di nuovo quel rumore ritmico.
TOC TOC TOC TOC TOC TOC TOC TOC
Questa volta seguirono il suono e per terra sotto il gradino trovarono il quaderno che ballava mosso da un apparente turbamento interno. Un gran fracasso proveniva da dentro il quadernetto che sembrava far di tutto per riuscire ad attirare l’attenzione. I due bambini allora lo aprirono.
– “Ohhhh, finalmente! Bambini io sono un quaderno magico. Lo avete scordato? Posso aiutarvi! “
– “Come? “ chiesero speranzosi.
– “Beh dovete entrare! “ rispose seccamente il quaderno, come se la risposta fosse sempre stata così ovvia.
– “Dove? Nel palazzo? Tu sei matto! Ci perderemo! E poi non ci faranno mai passare! “ disse Prakhash spazientito.
Il quaderno però rispose prontamente:
– “Io so che Lucia è qui! Sento che è qui e sento che è triste. Mi cerca! Guardate le mie pagine. “
Effettivamente le pagine del quaderno si erano colorate di azzurro e parte dei disegni si stavano sciogliendo.
– “Devo tornare da lei. Fate come vi dico per favore. “
Il quaderno aveva la voce rotta dalla preoccupazione. I due bambini si misero sull’attenti come soldatini diligenti e allargarono bene le orecchie. Chiesero quasi in coro:
– “Cosa dobbiamo fare? “
– “Passerete il cancello tenendomi aperto e leggendo ad alta voce. Dovrete sembrare assorti e distratti. Io farò una magia con i vostri vestiti che da tutti saranno visti come divise scolastiche. Passerete come studenti e nessuno vi farà domande. Su andate!“
Hari ed il piccolo Prakhash deglutirono e leggendo ad alta voce alcuni passaggi iniziarono a camminare lentamente nella direzione del cancello.
– “Più spediti. Così sembra che nascondete qualcosa! “
Hari cercò di leggere più veloce che poteva quei segni ignoti e Prakhash mettendo un passo di fronte all’altro cercava di sembrare interessato e concentrato. Passarono le guardie prima del cancello; passarono la biglietteria; passarono oltre delle sentinelle e si ritrovarono direttamente sul sentiero di mattoni che li stava portando metro dopo metro al grande portone. Il cuore gli batteva forte. Improvvisamente una pagina si sciolse ed il quaderno tossì rumorosamente. Fra i colpi di tosse esclamò concitato:
– “Dobbiamo sbrigarci bambini! Ora osservate bene. Dentro è un labirinto di porte, finestre, scale e corridoi, perciò io sarò il vostro filo d’Arianna. “
– “Cosaaaaaaaaaaaa? “
– “Sarò una guida attraverso il labirinto! “ rispose il quaderno irritato e poi proseguì.
– “Voi camminate. Ogni volta che le mie pagine s’illuminano di blu siete nella direzione giusta. Lucia è sulla terrazza centrale, proprio sopra di noi. Sbrigatevi! Si sta spostando. “
– “Ecco perché la pagina si è sciolta! “
Dissero i bimbi muovendosi. Di nuovo un passo di fronte all’altro varcarono la soglia del grande portone e si ritrovarono nel cortiletto centrale. Da questo innumerevoli porte si aprivano sui quattro lati. I bambini passarono la prima, la seconda, la terza senza che nulla accadesse. Appena si avvicinarono alla quarta porta centrale la pagina s’illuminò nuovamente. I bambini rincuorati si affrettarono e imboccarono un lungo corridoio, salirono decide di scale e due piani, sempre seguendo la luce blu sul foglio. Ad un tratto si trovarono al centro fra 4 corridoi lunghissimi che si perdevano in 4 direzioni opposte fra loro. La pagina era blu, ma davanti a loro avevano più di un opzione.
– Quaderno cosa facciamo adesso? “ chiesero i due bambini ansiosi, ma il quaderno non rispose.
Lo scossero, ma non accadde nulla. Ad un tratto in fondo ad uno dei corridoi videro Lucia con i suoi capelli raccolti in treccine colorate. La prospettiva di quel luogo la faceva sembrare un folletto in una casa delle bambole.
– “Eccola! “
Prakhash diede una gomitata all’amico per attirare la sua attenzione e indicò in quella direzione.
– “Corri Hari, altrimenti la perderemo nei corridoi! “
Iniziarono a correre freneticamente fra i muri strettissimi. Vedevano scorrere le minuscole finestrelle una dopo l’altra. Ad un tratto Lucia girò un angolo e sparì. I bambini continuarono a correre, ma quando arrivarono alla svolta non videro nessuno. Era di nuovo svanita. Quelle aperture, quelle finestre e quelle porte erano tutte uguali. Prakhash era sempre più convinto che l’architettura di quel luogo fosse opera di un qualche mago dispettoso. Era un posto dove era possibile confondersi. Si appoggiarono al muro un po’ scoraggiati, ma ancora una volta il loro amico quaderno gli andò in aiuto e riprese ad illuminarsi flebilmente.
– “Proviamo a camminare lungo tutto il corridoio. Troveremo l’apertura giusta. “ disse con rinnovata enfasi Prakhash.
Dopo qualche passo infatti riuscirono a scovare di nuovo una via e iniziarono a seguirla correndo fino a trovarsi in una piccola stanzetta con il pavimento in marmo. Le doppie finestre orlate si aprivano su un’immensa vallata assolata. Seduta subito sotto quelle finestre con la testa china c’era Lucia. Singhiozzava stringendo tra le mani uno zainetto rattoppato. Hari e Prakhash si avvicinarono silenziosamente con il quaderno in mano. Risvegliata dalla loro vicinanza Lucia alzò lo sguardò ed incrociò quello dei due bambini. Sorrise teneramente con gli occhi gonfi di lacrime e disse in inglese.
– “Cosa succede? Vi siete smarriti? “
Loro non parlarono. Nel silenzio Prakhash alzò la mano che stringeva il libretto e lo porse a Lucia. I suoi occhi azzurri s’illuminarono. Si avvicinò e come se tutto fosse solo un sogno prese lentamente il quaderno iniziando a piangere di gioia. Abbracciava il quadernetto e ballava felice. Prakhash e Hari si scambiarono uno sguardo complice e nel silenzio iniziarono a tornare sui loro passi.
– “No aspettate bambini! Desidero ringraziarvi! “
I bambini intimoriti si bloccarono e la guardarono senza comprendere che diceva. Non parlavano inglese. Nelle scuole indiane lo insegnano solo dopo gli 11 anni. Lucia nel frattempo aveva iniziato a rovistare nel suo zainetto rattoppato e ne cavò un quaderno nuovo, una penna e una scatola di colori. Lo porse ai due piccoli insieme ad un sorriso. Hari fece un passo indietro invitando Prakhash a ricevere il dono. Il piccolo Prakhash allora allungò una mano e timidamente prese ciò che gli veniva offerto. Lucia non aggiunse altro e gli fece cenno di seguirla. Insieme uscirono allo scoperto e si ritrovarono nel cortile centrale e poi di nuovo sul sentiero e oltre il cancello. Lucia gli faceva strada. Superato il cancello, il sole li accecò e improvvisamente Prakhash si svegliò. Si era addormentato sul retro del motorisciò guidato dal padre e a quanto pare aveva sognato tutto. Ripensò all’avventura incredibile che aveva vissuto e comprese le stranezze del sogno. Si stropicciò gli occhi guardando intorno a sé. Si pizzicò una guancia e un braccio per sincerarsi di essere davvero sveglio. Il padre stava chiacchierando con degli altri autisti poco distante. Scese dal veicolo e andò a salutarlo. Quando gli fu vicino sfiorò la sua mano. Il padre si voltò e gli aggiustò i capelli arruffati e poi con tenerezza esclamò:
– “Prakhash hai dormito quasi due ore! Fra poco torniamo a casa. La ragazza che ho portato qui oggi sta per tornare. “
– “Papà ho vissuto un’avventura stranissima! “
– “Come sempre piccolo mio! Cosa ti è successo oggi? “
Così il bambino raccontò tutto il sogno al papà aggiungendo un desiderio alla fine.
– “Papà vorrei imparare a leggere e scrivere! I libri ed i quaderni sono magici! “
Il padre lo guardò e sorrise amorevole.
– Beh si dà il caso che dalla prossima settimana potrai iniziare a frequentare una scuola dove insegna una ragazza carina che fra poco conoscerai. Guarda sul mio sedile! Ti ha fatto un regalo.
Prakhash guardò nella direzione indicata dal padre e sul sedile del guidatore vide un quaderno nuovo, una penna e dei colori. Dopo qualche istante dal grande cancello del Tiger Fort uscì Lucia che sorridente e con lo zainetto rattoppato sulle spalle si dirigeva proprio nella sua direzione. Fece un grande sorriso e si mise seduta sul sedile posteriore. Prakhash felice ricambiò il sorriso e pensò alla parola “impossibile”. Sorridendo strinse il suo quaderno fra le braccia. Ora avrebbe potuto raccontare le sue avventure a tutto il mondo.
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