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Torniamo a parlare la stessa lingua

Nel capitolo XI del libro della Genesi si narra di un tempo in cui “Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole”. In seguito gli uomini emigrarono dall’Oriente e si stabilirono in una pianura nel paese di Sennaar, dove decisero di costruire una città e una torre, “la cui cima tocchi il cielo”. Il Signore volle scendere sulla Terra ad osservare ciò a cui gli uomini stavano lavorando. Qui si accorse del loro peccato di superbia, che risiedeva nel tentativo di raggiungere il cielo già durante la vita terrena. Egli decise quindi di punirli, confondendo la loro lingua: in tal modo gli uomini, non riuscendo più a comprendersi a vicenda, furono costretti ad interrompere la costruzione della loro opera e a disperdersi per il mondo intero. “Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra”. Infatti il termine deriva dalla radice ebraica BLL, che dà nome della città e della torre di Babele origine al termine ‘confusione, disordine’.

La cosa interessante è che, oltre a quello cristiano, esistono vari miti riguardanti la nascita delle diverse lingue nel mondo. Quasi tutti parlano di un tempo originario in cui gli uomini erano riuniti in un solo gruppo.

Uno di essi è un mito Hindu che racconta dell’esistenza originaria di un albero del mondo o albero della conoscenza, in grado di proteggere e unire tutti gli uomini con i suoi lunghi rami. Per farlo, però, doveva innalzarsi fino al cielo in modo da allargare la propria chioma su tutto il mondo. Brahma, però, considerò empio il gesto dell’albero e ne tagliò tutti i rami, gettandoli sparsi su tutta la terra. Dai germogli di questi rami sarebbero nate le differenze culturali, di fede e di lingua.

In varie parti del mondo la creazione delle lingue è dunque concepita in maniera negativa. Essa viene vista come una punizione da parte di una divinità, la quale riscontra nella ricerca di avvicinarsi al cielo da parte degli uomini un atto e  peccatore, un segno di superbia, un gesto empio da condannare.Le divinità monoteiste sembrerebbero essere dei giudici severi che sanzionano gli errori degli uomini attraverso la loro separazione.

Ma cosa è successo dopo questa punizione divina? Solitamente un castigo arriva con la speranza di far apprendere i propri errori alla persona punita. Si potrebbe paarlare di uno scopo “educativo” intrinseco all’atto punitivo. Ma possiamo dire che l’uomo ha realmente imparato dai suoi errori?

In seguito gli uomini hanno tentato in ogni modo un riavvicinamento tra loro: hanno compiuto traduzioni per tornare a comprendersi, hanno studiato modi di viverelontani dal proprio, hanno viaggiato per migliaia di chilometri sempre con lo stesso fine: riconciliarsi con coloro dai quali era avvenuta l’ancestrale separazione.

Eppure, ad un certo punto, qualcosa si dev’essere inceppato nel meccanismo di pacifico ricongiungimento. Alcuni uomini hanno iniziato a tracciare confini sempre più netti dividendosi non più solo in base alla lingua, ma anche ad altri criteri ben categorizzati. Hanno affermato la supremazia e l’esclusività della propria lingua,

dei propri costumi e del proprio modo di vivere. Hanno inventato la parola altri  per definire coloro che non erano ben accetti e che dovevano stare lontani, senza poter oltrepassare la linea tracciata.

Da quel momento si iniziò a separare tutto ciò che si poteva:: mari e montagne, fiumi e pianure. Addirittura decisero di dividere un lago a metà, come a dire “i miei pesci sono più buoni dei tuoi”, anche se questi continuarono a nuotare attraverso questa linea immaginaria, forse perchè non riuscivano a vederla. Le linee, però, non bastavano più e vennero eretti muri molto alti, quasi fino al cielo, senza che nessuno scendesse a fermare la superba costruzione.

Alla domanda precedentemente posta non si può che rispondere maniera negativa gli uomini non hanno imparato la lezione e continuano a voler imitare il Dio che li ha puniti. Non tanto nel volerlo raggiungere fisicamente; ormai l’uomo èa arrivatoa toccare il cielo e lo ha anche superato, scoprendo che non c’eran nessunopronto ad aspettarlo.

Oggi voler imitare Dio significa pensare di poter dividere in base a criteri del tuttoa arbitrari Eravamo tornati a capirci e lo avevamo fatto dopo tanta fatica, perchè allontanare, tagliare, separare e categorizzare sono la cosa più semplice delmondo. Mentre ricongiungere, riavvicinare e riunire, sono cosa complessa, moltopiù che andare a toccare il cielo.