Non basta un giorno per ricordarsi di quanto ancora c’è da fare, soprattutto in alcuni paesi, per l’emancipazione femminile, per ripensare alle palesi differenze in termini di percezione di autorità e importanza di ruolo tra uomini e donne, e per parlare di quante strade restano sbarrate o si interrompono per chi nasce di sesso femminile, solo perché la società lo ritiene appropriato.
La giornata internazionale della donna è una ricorrenza, un simbolo, certo, ma ciò che rappresenta andrebbe rammentato ogni giorno.
Noi però oggi non vogliamo parlarvi di quanto sia e sia stato difficile per molte delle bambine del Progetto accedere agli studi, né del ruolo loro imposto da famiglie e società, ma del fatto che le donne, siano bambine, ragazze o adulte, sono centrali nel portare avanti il Progetto e il Faggio Vallombrosano.
Pensate solo al fatto che, nonostante il consiglio direttivo del Faggio Vallombrosano sia composto esclusivamente da uomini, la gestione quotidiana delle attività viene tenuta da noi qui in ufficio e noi significa noi due, giovani donne che lavorano e se ne inventano sempre una nuova per poter espandere sempre di più il campo operativo dell’Associazione e il suo raggio di azione del bene. Non intendiamo essere autocelebrative, lungi da noi, ma sottolineare che l’essere donne in un’associazione che collabora con altri paesi dove la figura femminile è vista in modo differente non sempre è semplice. Ci è capitato di confrontarci con un professore della scuola accanto ad un centro dove il Progetto è attivo in Angola e sentirci dire: “Ah, per essere due donne la gestione del Progetto è fatta bene”. Sappiamo anche che nei viaggi di monitoraggio, in alcune zone, non è sicuro recarsi in assenza di figure maschili. Anche in vista di questo, ricordiamo sempre la possibilità di partecipare da volontari ai nostri viaggi di monitoraggio.
Insomma, le sfide sono evidenti ma ad affrontarle non siamo sole, anzi, di donne nel Progetto ce ne sono tante (e per fortuna direi!).
Partendo dalle suore , instancabili eroine (non smetteremo mai di dirlo) che hanno in mano la gestione viva del Progetto, che si fanno in quattro per visitare le famiglie, supportare le comunità, assistere migliaia di bambini ogni giorno, da un innocuo mal di pancia alle corse verso le cliniche per la malaria, da una piccola ferita all’accoglienza di disabili e la convivenza con famigliari di lebbrosi, da una lieve carezza all’abbraccio a una bambina che è appena rimasta orfana. Tutte le congregazioni con le quali collaboriamo al momento, nei 15 centri presso cui è attivo il Progetto, sono di suore, di donne coraggiose che hanno lasciato la loro città o il proprio paese per la causa, per fare del bene.
Continuiamo poi con le bambine, cuore del Progetto, pensate infatti che su 342 sostegni al momento attivi (vorremmo fossero di più!) 236 sono sostegni a distanza a bambine e ragazze, circa il 69% dunque. Questo è dovuto in parte sicuramente alla presenza nel Progetto di centri di accoglienza o ostelli solo o a maggioranza (per legge) di bambine e ragazze come quelli di Thorrur, Malanje o Vidrul. Altra ragione è però la scelta delle congregazioni di dare accesso all’istruzione a tante bambine come risposta ai dettami delle comunità nelle quali si trovano che le vorrebbero votate esclusivamente alla cura della casa, della famiglia e al matrimonio.
Durante il nostro viaggio di monitoraggio in Angola abbiamo avuto l’occasione di parlare in alcune delle classi della scuola di Kangandala dove il preside ci incoraggiava a raccontare dell’Italia e delle differenze che avevamo riscontrato in quei giorni. In ogni classe (scusate, dovevamo farlo!) abbiamo raccontato di essere giovani donne che lavorano, che hanno più di 30 anni e non hanno figli, che hanno un mutuo o pagano l’affitto, interamente con il proprio stipendio, senza fare affidamento su figure maschili e…non potete sapere quanto stupore c’era negli occhi dei bambini che avevamo di fronte. Alcune ragazze hanno anche riso, mettendosi le mani davanti alla bocca, per timidezza, come fanno spesso in Angola. Avranno forse pensato che siamo troppo diverse? Per noi non lo siamo affatto.
Ogni giorno le tante bambine e ragazze del Progetto gli danno luce, ballando e cantando, assistendo le suore nelle attività dei centri, aiutando i compagni. Si tratta di bimbe e ragazze che diventano adulte troppo presto, ma proprio per questo sin da piccole responsabili e sempre pronte a dare una mano. Siamo quindi orgogliose che il Progetto consenta loro anche di studiare e giocare per ricordare loro che hanno diritto a sentirsi ancora bambine.